Ero incerta se scrivere un post su San Vito lo Capo, perchè pur amando tantissimo questa bellissima località, avendone ricordi di infanzia piacevolissimi e recenti frequentazioni, preferisco generalmente raccontare di luoghi meno noti al pubblico e meno turistici, anche perchè per una mia personale indole, di solito rifuggo dalle località (soprattutto marittime) molto frequentate, dai lidi attrezzati con lettini e ombrelloni, dalle spiagge libere dove per conquistare il tuo metro quadro di spazio per stendere il telo mare (che qui chiamiamo tovaglia, sarà per il chiodo fisso del cibo…), devi lottare contro migliaia di persone e rischiare di trovarti il piede del tuo vicino a pochi millimetri dalla faccia, dai locali dove bisogna fare la fila per entrare, dalle viuzze affollate dal passeggio, dalla musica rimbombante etc. continua
Archivio mensile:luglio 2009
Post-Festino, nel senso di dopo-festino, e “Il cozzaro” del Foro Italico.
Qualche giorno fa, abbiamo fatto una passeggiata insieme ai nostri amici di Osteria Nuova (Lazio), loro ormai conoscono bene noi, la nostra casa (il nostro b&b) e soprattutto Palermo. Hanno visto tutte le cose tradizionali, dalle Catacombe dei Cappuccini alla Cappella Palatina, la Cattedrale, il Teatro Massimo e il Politeama, la Kalsa, La Martorana, Monreale, Sferracavallo etc.
Hanno un debole per l’Antica Trattoria Il Monsù e il suo gentilissimo proprietario Giuseppe, che ci rimpinza sempre di pasta ca ‘nciova (acciuga), pasta con sarde, alla norma, caponata di melanzane, grigliate di pesce e come dice Giuseppe “il dolce”, ovvero le frittura di calamari.
Il luogo in cui è ubicato è il Foro italico, all’angolo con Piazza Kalsa, e visto che non ha un nome, perchè non è nemmeno un vero e proprio ristorante, lo abbiamo battezzato “il cozzaro”, trattasi infatti di un tratto di marciapiede occupato da una serie di tavolini e sedie di plastica, da bidoni di plastica colmi di acqua, bombola a gas, fornellino, ripiano e un’infinità di sacchi colmi di frutti di mare (soprattutto cozze). I gestori, dei veri palermitanissimi doc, cucinano all’aperto (non so come sono messi a livello di licenze…ma insomma a guardare…) hanno un televisorino attaccato a un palo della luce con cui si allietano tra una comanda e l’altra. Le tavole sono fornite di tovaglia di carta, piatti, bicchieri e posate di plastica.
Ora che abbiamo “testato” direttamente su di noi, possiamo consigliare questo posto anche agli ospiti del nostro bed and breakfast, la loro incolumità sarà garantita, come pure il portafogli, ma soprattutto il palato ne rimarrà soddisfattissimo!
Poi una passeggiata vicino al bellissimo prato del lungomare per smaltire il tutto, la “visione” della santuzza sul suo carro-relitto, il profumo del mare, tutto accompagnato da un coppitello di immancabile calia e semenza (che in dialetto romano, ho scoperto chiamarsi “bruscolini”), con chiacchierata col semenzaro incuriosito dall’accento “continentale” dei nostri amici! Una vera serata da palermitani… e l’indomani pane e panelle vicino alla stazione centrale, very very good, costa solo un euro e cinquanta centesimi, a Palermo per fortuna si può ancora mangiare e bere con appena tre euro! Buona vacanza ragazzi e a presto!
Mi dispiace non avere le foto di questi brevi giorni, ma abbiamo scordato la macchina fotografica, per chi cerca il cozzaro, è facile trovarlo, si trova proprio accanto al…mulunaro!!!
"Viva Palermo e Viva Santa Rosalia". Il 385° Festino di Santa Rosalia a Palermo.
In primo luogo nessuno rinuncerebbe a mangiare la “calia e semenza”, che è come una sorta di ritualità, di passatempo. Si acquista dal semenzaro un “coppitello” (un contenitore creato avvolgendo della carta su se stessa) ripieno appunto di ceci abbrustoliti e semi di zucca con sale, e si comincia a sgranocchiarli e lanciare con estrema soddisfazione le bucce per terra.
E poi finalmente arriva il momento più atteso, i “botti”, i fuochi d’artificio. Diverse ditte si sfidano tra loro, è una magia di colori, di rumori assordanti, di cuori che battono all’impazzata, di sguardi fissi al cielo, improvvisamente il vocio della gente si ferma del tutto, per ascoltare un frastuono quasi assordante, l’emozione è palpabile, grandi e bambini sono accomunati da un senso di meraviglia, un momento di tensione e di scarica elettrica, forse si dimenticano le tragedie quotidiane, la disoccupazione, l’assenza di case, le vessazioni, le liti familiari, fino alla “masculiata”, che è il momento di maggiore intensità dei botti, e poi un istante di silenzio assordante, ma tutti sanno che ci sarà un ultimo fortissimo tuono, e poi l’abbandono in un applauso liberatorio, la festa è finita e la vita ricomincia…
Tutti l’anni arriva lu’ Fistinu
e Palermu s’azzizza a festa,
si conzanu putii pi’ li stratuzzi
c’è cu’ vinni muluna, babbaluci e vinu,
cu’ sfinciuni e pruvulazzu
oppuru stiarini e marunnuzzi.
Quannu passa la vara pi’ li strati
chiancinu tutti li’ devoti
e chiddu ca’ prima ha bistimmiatu,
si fa lu segnu di la cruci
si metti a ginucchiuni
e si batti lu’ pettu pi’ essiri grazziatu.
Doppu la menzannotti
botti, murtareddi e jocu di focu
c’è cu’ s’ammuccia dintra na’ stratuzza,
cu’ si fa zitu e cu’ si sciarria,
cu’ curri e s’allavanca
e di cori, riri puru la Santuzza.
Poi la matina ‘nta li strati
c’è munnizza e grascia
e pi’ l’aria c’è tanfu di lurdia,
ma a nuddu ‘mporta,
Palermu è sempri viva
e puru Santa Rusalia.