I piatti estivi e vegetariani più amati dai palermitani sono la caponata e la peperonata, entrambi con una precisa identità e degli ingredienti fissi che non possono mutare, preparati con ortaggi fritti e soprattutto arricchiti dal sapore agrodolce che caratterizza la cucina tipica palermitana. Però c’è un piatto simile a questi, ma con alcune differenze e soprattutto un nome davvero particolare: “U canazzu”.
Quando sento parlare di “canazzu” penso a due cose, o il “canazzo di bancata”, termine con cui si indicano i cani di strada che attendono il cibo appostandosi dietro i banchi dei mercati e metaforicamente gli uomini rozzi e volgari, anche detti in modo rafforzativo “scanazzati”, oppure il Canazzo che si mangia. Quest’ultimo è composto dagli identici ingredienti della più nota peperonata: melanzane, peperoni, cipolle, patate e pomodoro, la differenza sta nella cottura (da cui il piatto trae il nome) e dall’assenza dell’agrodolce.
Se nella peperonata, infatti, si procede ordinatamente e con criterio friggendo le verdure, un tipo alla volta per rispettare i tempi di cottura di ognuna e solo alla fine si unisce e amalgama il tutto arricchendolo con l’agrodolce che rende il piatto filosoficamente e gastronomicamente equilibrato, nel canazzo invece si procede, potremmo dire, caoticamente, appunto a “canazzo” termine che si può tradurre con “a caso” (per mantenersi non volgari). Si tagliano tutte le verdure a tocchetti e si buttano in un tegame, tutte insieme ed indiscriminatamente, si soffriggono con l’olio, poi si copre col coperchio e si continua questo tipo di cottura anche detta “tutto cotto dentro”, illudendosi che essendo una peperonata più improvvisata, veloce e non fritta, sia anche leggera e digeribile, cosa che non può mai essere vera vista anche la capacità che hanno i peperoni di presentarsi, come un ascensore, per tutta la giornata.
Così può capitare che mio padre, di sera, chiami mia nonna che ha ottantasette anni ed è una vera palermitana doc e illuso che lei si rassegni prima o poi a prepararsi una delicata minestra, le domandi : “mamma che hai mangiato stasera?”. “Peperonata, figghiu miu!”. “Peperonata?!?. “Nun ti scantari, a mamma, non era peperonata, era fatta a canazzu!”. .. A, bene, allora si che era leggera!
Giunti a questo punto, ricordandoci sempre ciò che dicono i fruttivendoli palermitani che “i pipi su megghiu ra carni” (i peperoni sono migliori della carne), passiamo alla semplice, gustosa e soprattutto dietetica ricetta del “Canazzu”.
Ricetta: “U canazzu di milinciani”
Ingredienti: due patate, un peperone, una melanzana (non troppo grande), una cipolla, olio evo, un pomodoro, due cucchiaiate di pelato, delle foglie di basilico o menta.
Sbucciare, lavare e tagliare le patate a tocchetti, tagliare la melanzana a tocchetti senza sbucciarla, io ho usato una tunisina che, non essendo amara, non è necessario mettere a mollo con acqua salata. Affettare la cipolla, lavare e tagliare a tocchetti il pomodoro. Pulire dai semi interni e tagliare a pezzi il peperone. Invece di fare così io ho trasgredito in parte dal vero canazzo, perché per rendere più digeribile il tutto ho arrostito (a parte) il peperone intero e l’ho poi spellato per poi aggiungerlo al canazzo solo alla fine. Mettere dell’olio nel tegame e aggiungere patate, cipolle, pomodoro e melanzana (nella versione originale anche i peperoni), soffriggere per un po’, aggiungere menta o basilico, due cucchiaiate di pelato, mescolare e chiudere il coperchio. Di tanto in tanto mescolare e se dovesse servire, aggiungere pochissima acqua per non fare attaccare. E’ pronto quando le patate sono morbide ma non sfarinate, nel mio caso a questo punto ho aggiunto i peperoni già spellati. Aggiustare di sale e magiare tiepida o fredda.
Buon appetito!
Che buono!!
copiata la ricetta…gnam,gnam,gnam…..grazie!