I parchi per una città rappresentano una risorsa fondamentale, un soffio d’aria in un’atmosfera ormai irrespirabile: dove ormai la cementificazione ha raggiunto livelli insopportabili aggravati dalla paradossale mancanza di abitazioni per tante persone che vivono senza casa, dove costruiscono opere che quasi sempre si trasformano in cantieri infiniti e dove gli antichi palazzi crollano tra l’incuria e l’abbandono, ogni giardino, ogni albero, ogni filo d’erba, sono un barlume di vita.
Uno dei parchi più conosciuti di Palermo è la Villa D’Orleans. E’ immerso nel cuore della città, vicino al Palazzo dei Normanni, storicamente era una tenuta fondata da Ferdinando IV di Borbone nel 1797, negli anni subì diverse trasformazioni, fin quando il parco e la dimora furono venduti alla Regione Sicilia e nel 1955, inserito all’interno del più ampio giardino storico (che tra l’altro ospita anche la cittadella universitaria), fu inaugurato il parco ornitologico che ancora oggi (e non si sa per quanto tempo visto che purtroppo è appena cominciato lo sfratto di questi pennuti per i tagli alle spese) accoglie varie e rare specie di uccelli, sia liberi che in gabbia.
Tutti i Palermitani, quando sono stati bambini, saranno andati almeno una volta in questo bellissimo giardino, i miei ricordi sono piacevoli, pur non avendolo frequentato moltissimo, l’impatto che mi ha lasciato è forte, ogni bambino non può che rimanere piacevolmente suggestionato dalla natura lussureggiante, dai colori sgargianti e dai fischi di questi meravigliosi esemplari, è qui ad esempio che per la prima volta ho assistito con stupore allo spettacolo dell’esibizione della meravigliosa coda di un pavone.
Dall’ultima volta che sono stata in questo parco saranno passati almeno una ventina d’anni, in quel caso ormai ero una giovane ragazza e osservai la meraviglia di quel paradiso della natura tramite gli occhi di un mio cuginetto.
Pochi giorni fa sono tornata al parco con le mie nipotine e l’impatto è sempre lo stesso: la natura con le sue concrete e affascinanti bellezze suscita sempre sorpresa, serenità e gioia. Considerando anche che da quando non ci abito, Palermo con la sua caoticità e il suo degrado, comincia a suscitarmi un sentimento di rifiuto, questa passeggiata ha contribuito alla mia riconciliazione con una città che, come una ferita o come una radice, rimane comunque sempre avvinghiata al mio cuore.
Così tra un labirinto di siepi, tra ficus dalle enormi radici,
laghetti e getti d’acqua,
tra voliere affollate di bengalini, foglie di banani, palme che si stagliano verso il cielo,
scorci meravigliosi di Palermo, cactus giganti, grovigli di rami e foglie, ho osservato i meravigliosi fenicotteri rosa, i giganteschi pellicani, anatre, gazze, gru,
pappagalli dai colori fantastici
ed altre specie di uccelli, daini (o qualcosa di simile) dalle corna legnose e lo sguardo docile, in un percorso tra i raggi di sole e il fresco ombroso, è stato bello ritrovare la natura nel cuore di Palermo, sperando che questa sia sempre più valorizzata come un bene comune da rispettare e amare.
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